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Burel – 1250 m. - (Gruppo dello Schiara)

 

 

1967 – La voglia di aprire sempre nuove vie, di essere i “primi”, porta inevitabilmente gli alpinisti a ricercare nuovi gruppi montuosi lontani dalle cime di grido e spesso difficilmente raggiungibili, magari per la fitta vegetazione o per i lunghi avvicinamenti su vallate profonde. Una di queste montagne è situata all’interno del gruppo dello Schiara ed il suo nome è Burel.

Il Burel ha una delle pareti più alte e vertiginose delle Dolomiti (1250 metri di altezza). Essa è inizialmente facile, ma se lo sguardo la percorre verso l’alto, appare sempre più verticale fino a finire con forti pendenze verso il vuoto. E’ lei che affascina molti scalatori!.

I primi a cimentarsi sono i polacchi Jerzi Brudny, Kazimir Liszka, Jan Junger e Adam Trzaska, ma solo sulla parte più bella, la superiore.

Successivamente sono Roman Bebak, Janusz Ferenski e Ryszard Zawadzki con Giorgio Garna e Gianni Gianeselli a salire la parete integrale. Essi usano 120 chiodi (esclusi quelli di sosta), 2 cunei e 11 chiodi a pressione. Questi ultimi sono però utilizzati esclusivamente a causa delle condizioni atmosferiche avverse in cui si svolse l’ascensione.

Alessandro Gogna a proposito di questa salita scrive: «Con la parete Sud Ovest del Burel si chiude un’epoca, quella della conquista delle ultime pareti inviolate . E’ vero che dopo il 1967 ne sono rimaste ancora, vedi esempio le Pale di San Lucano, ma con il Burel ed i suoi chiodi a pressione si chiude qualcosa. Oscuramente possiamo intuire che i passaggi da una moda all’altra sono sempre un po’ lenti. Le grandi salite in artificiale avevano stufato un po’ tutti, ma cosa si poteva a quel tempo fare di più di prima senza ricorrere alle chiodature ad oltranza?. Cosa c’era di possibile che fosse stato lasciato intatto dai grandi sestogradisti degli anni ’30 e che nello stesso tempo permettesse la ribellione alla progressione artificiale ad oltranza?. Risposta: le ultime pareti vergini. E dopo queste, o la crisi, o veramente la buona volontà di effettuare itinerari paralleli e più in libera dei precedenti, senza l’uso dei chiodi a pressione. Ma il passaggio fu lento, graduale. Il rispetto per il passato era grande, quasi c’era un senso di inferiorità (…)».

 

1977Riccardo Bee, apre delle vie “all’americana” sul Burel (Gruppo dello Schiara).